martedì 29 marzo 2016

Zuppa di pesce del venerdì santo



Venerdì Santo, digiuno a pranzo, ma la sera qualcosa si mangia. Giovedì avevo fatto un giro in pescheria: nelle intenzioni c'era di partecipare alla sfida mensile di MTChallenge che questa volta cadeva a fagiolo: brodetto di pesce
Uno sguardo al banco, la scelta è caduta su tutto ciò che è mediterraneo: triglie dell'Adriatico, moscardini, seppie, una piccola gallinella. scampetti e canocchie. 
Ho aggiunto un bel po' di cozze e son tornata a casa col mio bottino. 




Venerdì Santo. La mattina passata tra meccanico, un salto in chiesa a confessarmi, un saluto ai miei genitori in partenza per la montagna. Poi l'amica chiama e propone di partecipare a una via Crucis particolare. Sono giorni intensi, pieni di cose da fare, ma anche pieni di interrogativi. 

Cosa faccio? Nessuna esitazione. Vado. Piazza Gae Aulenti. Quattrocento persone, una croce, due frati della prefettura di Terra Santa. carabinieri in alta uniforme e sicuramente tante forze dell'ordine a proteggerci in sordina. Un'ora, quella della pausa pranzo di impiegati, funzionari e dirigenti che hanno organizzato il tutto. Quattordici stazioni e la lettura delle lettere che il parroco di Aleppo scrive ai propri amici. Una via Crucis con nel cuore i cristiani perseguitati, intensa e commovente. 

Torno a casa e sono le tre passate. Ho un elenco di post da fare entro domani che variano dalla tavola di Pasqua all'intervista al barber più famoso del web. Per tre giorni non sarò a casa e non ho intenzione di portarmi dietro il pc. 

Comincio da ciò che non posso rimandare. Scrivo di pasticceri carcerati, di fondazioni per disabili che ospitano la porta santa, di tavola di Pasqua. Scrivo e nel tardo pomeriggio, quando la fame comincia davvero a farsi sentire, interrompo. Tutto quel pesce deve diventare una zuppa

Pulisco le triglie e la gallinella, le sfiletto e le metto da parte, pulisco i moscardini e le seppie e comincio a cuocerli, perchè si sa che sono quelli che richiederanno più tempo. So che non ce la farò mai a fare tutto. Ma ho fatto una scelta e sono serena, e anche il pulire il pesce, anche il preparare la cena della sera del venerdì santo ha un'altro sapore. 


ZUPPA DI PESCE DEL VENERDI SANTO



Ingredienti



  • 4 triglie
  • 1 gallinella
  • 2 seppie di media grandezza
  • 6 piccoli moscardini
  • 6 scampetti
  • 8 canocchie
  • cozze del lago di Paola (erano un kg e 7, ne ho usato meno della metà, il resto per la pasta del giorno dopo) 
  • uno spicchio d'aglio
  • sedano
  • cipolla
  • olio extravergine d'oliva
  • un bicchiere di vino bianco
  • 300 g di pomodorini pachino

Pulire le triglie e la gallinella, sfilettarle. Pulire moscardini e seppie, tagliare le seppie a listelle. Far scaldare uno spicchio di aglio in camicia con un cucchiaio di olio. Aggiungere seppie e moscardini, Cuocere a fuoco vivace, sfumare con il vino bianco, lasciar evaporare e cuocere a fuoco basso, con il coperchio. 


Preparare il brodo con gli scarti di triglie e gallinella. Una precisazione, il vero broeto, al quale ci ha introdotti Anna Maria Pellegrino, vuole che si tostino le lische. Io non l'ho fatto, il tempo era poco e ho deciso di sporcare una padella in meno e di saltare un passaggio. Ho preso testa e lische di triglie e gallinella e le ho messe nell'acqua fredda insieme a dei gambi di sedano e mezza cipolla (piccola). 

Pulire le cozze, togliendo il bisso e sfregando bene i gusci. Farle aprire in una padella. Sgusciarle quasi tutte e filtrare l'acqua. 



Dopo almeno mezz'ora, controllare se seppie e moscardini si sono ammorbiditi. 

Sciacquare le canocchie e tagliarle sul dorso. Metterle, insieme agli scampetti, nella padella con seppie e moscardini. 

Aggiungere il brodo di lische di triglia

Sciacquare e tagliare i pomodorini. Aggiungerli. 



Unire alla padella anche i filetti di triglia e gallinella e infine le cozze insieme alla loro acqua. 

Coprire col coperchio e cuocere per qualche minuto, senza mescolare

Servire nelle ciotole con barchette di pane (filoncini di pane biscottato in forno, non li ho preparati io). Un pizzico di peperoncino, se amato, un pizzico di fior di sale sardo e un filo d'olio.

Buonissima. 

Non sono riuscita neanche questa volta a partecipare alla sfida. Poco male. La ricetta c'è, il piatto è stato gustato. E per questo mese non ho gettato la spugna. Un risultato buono, visti i tempi ... 






lunedì 21 marzo 2016

ldentità Golose 2016,il senso della vita secondo i grandi chef




Ultimamente scrivo di tutto: spazio dai lavoretti al lifestyle, dal non profit al made in Italy. Tutto bello, tutto interessante. Però la cucina resta il mio grande amore. Cucina intesa sì come mettere le mani in pasta, ma anche e soprattutto come osservare, ascoltare, gustare il lavoro di chi del food ha fatto la propria passione e di quella passione ne ha fatto un mestiere.

Cuochi o chef, piccoli o grandi produttori, quando mi capita di guardarli mentre trasmettono agli altri questa passione mi ritengo una privilegiata.

Così è stato anche quest'anno con Identità Golose. Lunedì, il giorno che mi piace di più e che se posso scelgo come preferenza nell'accreditarmi. Lunedì c'è Cracco (che è sempre un bel vedere), c'è Bottura (che da solo vale la giornata) c'è Romito, che ammiro per l'essenzialità e per quei video meravigliosi che vorrei saper fare anche io...

Cosa mi è rimasto di questo assaggio di Identità Golose?



La sensazione che, declinata nei modi diversi in base al temperamento di ogni chef, la cucina di questi uomini sia filosofia di vita,  tentativo di risposta alle fondamentali dell'uomo,  amore verso la realtà,  rispetto sacrale verso la propria storia, le proprie tradizioni, il proprio territorio.

Forse è questo che mi affascina dell'alta cucina: è che attraverso un piatto gli chef fanno lo stesso percorso di filosofi, artisti, uomini di scienza.

Troppo cervellotico? Forse.

Troppo incomprensibile? Anche.

Troppo esagerato? Non saprei.

Io so solo che tutto ciò mi affascina e che sentire Bottura raccontare di Refettorio Ambrosiano mentre la sua squadra costruisce un piatto complicatissimo rende chiaro che il percorso suo e di molti suoi colleghi non è fine a se stesso.

Niente manierismi, solo quella che lui ha chiamato "la percezione del tutto" e che permette a un uomo come lui (ma come tutti noi, se tenessimo gli occhi spalancati e il cuore aperto) di elaborare un piatto complicatissimo e folle e di progettare refettori in giro per il mondo.

Food for soul. Cibo per l'anima, perchè non di solo pane vive l'uomo.

Non di solo pane vive l'uomo, ma di bellezza e di ricerca del vero. Tutto ciò può passare per un piatto? Sì, anche.

Me lo aveva insegnato un sacerdote e il suo barolo del '74 sorseggiato come assaggio dell'Infinito. Me lo insegnano ora Bottura e tutti quegli chef, produttori e grandi appassionati che ho incontrato non solo a Identità Golose, ma fortunatamente in tante occasioni della mia vita.

Anche perchè non è necessario essere un grande chef per vedere in ciò che si fa il riverbero dell'Infinito.







lunedì 25 gennaio 2016

SUP, UNA ZUPPA CHE SA DI MONTAGNA



Freddo, cielo limpido e montagne innevate sullo sfondo. Quando ho pensato a quale zuppa preparare per MTchallenge questo era ciò che mi ha colpita. Ho una suocera maestra nelle zuppe toscane e avrei potuto tentare di emularla, ma le montagne che frequento fin da bambina, quelle che il marito sopporta sempre meno, hanno preso il sopravvento nei miei progetti.

Non so voi, ma mi piacciono i libri di cucina locale. Alcuni di quelli che ho sono souvenir di viaggi, altri sono vere e proprie chicche.
Cucina e tradizioni in Valle di Susa, di Maria Luisa Moncassoli Tibone è uno di questi. Un volume piccolo e senza troppi fronzoli.
Quaranta antiche ricette della Val di Susa accompagnate non da mirabilanti fotografie, ma da tavole di artisti della zona.

Ogni tanto lo apro e me lo gusto. Le ricette sono scarne e semplicissime. Sembra quasi di rivedersi al buio di una grangia a mettere insieme un po' di pane, delle patate, un po' di cavolo e trasformarli in zuppa.

Sono partita da qui, da un libretto di ricette antiche, povere di ingredienti e ricche di gusto, per pensare alla mia zuppa.
L'ingrediente di partenza dovevano essere le patate. Mia mamma è tornata dalle vacanze natalizie e me ne ha portate tantissime. Patate di montagna, incrostate di terra, una diversa dall'altra come forma, difficilissime da pulire, ma che gusto! Da mangiare lesse senza nulla ma da svenimento se accompagnate con toma fusa...

La mia scelta è caduta sulla Sup, la zuppa della valle di Rochemolles, che metteva insieme tutto ciò che veniva coltivato lassù, in una valle tanto bella quanto dura (la storia di questa piccola frazione a più di 1600 metri d'altezza è tristemente caratterizzata dalle valanghe) , una valle di cascate e marmotte.

Patate, porri, fave, acqua e una fetta di lardo. Il tutto cotto sul camino in un capiente paiolo.

Io sono partita da questa base e ho cambiato un po' di cose. In famiglia non amano particolarmente le zuppe a pezzettoni, nella versione originale sarebbe stato un piatto apprezzato solo da me. E stavolta non sono riuscita a cuocerla nel BBQ, ma vi assicuro che ci ho pensato....



ZUPPA DI ROCHEMOLLES ALLA MIA MANIERA

Ingredienti per sei persone con un buon appetito


Per il brodo:



  • un bel pezzo di biancostato piemontese 
  • un bel pezzo di punta di petto (che il marito ha deciso di non cuocere nel BBQ)
  • mezza gallina
  • due carote
  • la parte verde del porro (scelta mia, per rendere questo piatto il più povero possibile)
  • due gambi di sedano
  • un rametto di rosmarino
  • acqua



Per la zuppa


  • 1 kg di patate di montagna
  • due cuori di porro
  • 300 g di lenticchie umbre (non amo particolarmente le fave e non ero certa di trovarle italiane)
  • brodo
  • sale
  • pepe
  • una noce di burro 
  • una fetta di toma di montagna
  • 100 g circa di lardo alle erbe
  • un pizzico di timo serpillo (raccolto in estate durante le gite)



  • Due o più fette di pane di segale tostato

Preparazione



Ho cominciato a preparare il brodo (premessa: avevo dei bei pezzi di biancostato e ho deciso per la cottura che privilegia il bollito al brodo). Ho riempito un pentolone di acqua, ho aggiunto gli aromi e portato a bollore
Ho unito la carne, riportato a bollore e abbassato al minimo. Ho cotto per ore e ore.

Nel frattempo ho pulito, pelato le patate e le ho tagliate a tocchetti. Ho sciacquato i cuori di porro e li ho tagliati a rondelle finissime.
Ho messo a rosolare il porro con il burro e unito le patate. Ho mescolato bene e aggiunto il brodo.
Ho messo a bagno per qualche minuto le lenticchie e le ho unite alla zuppa. Ho regolato con il brodo (che doveva coprire di almeno due dita gli ingredienti). Ho unito un pizzico di timo serpillo

Ho cotto per circa un'ora. A cottura quasi ultimata ho aggiunto la toma tagliata a dadini e l'ho fatta sciogliere.

Ho tostato il pane di segale (che avevo preparato il giorno prima, nei prossimi giorni vi posterò la ricetta) e tagliato a listarelle il lardo (che il ragazzo della gastronomia mi aveva tagliato a fette decisamente "rustiche")

Ciotola di coccio, zuppa bollente, pane di segale, lardo a guarnire e volendo una bella grattata di pepe. Un Avanà Rusin, vino coltivato in valle sui terrazzamenti a 800 metri da vignaioli eroici che hanno deciso di continuare una tradizione e di mantenere vitigni autoctoni.

Non è ancora tempo di andare in montagna ma.... intanto ci consoliamo così!

PS: grazie Vittoria che hai pensato a un piatto così comfort food e così adatto a questi giorni!







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