giovedì 20 febbraio 2014

Identità Golose, di tutto un po' #IGmi2014



Anche quest'anno ho indossato il mio braccialettino rosa fuxia e per un giorno mi sono immersa nell'alta cucina di Identità Golose. Il terzo anno per me, il decimo per questo evento dalle mille sfaccettature. Come gli anni scorsi, ho trascorso la mia giornata tra lezioni di grandissimi, ho vagato per gli stand, ho assaggiato e mi sono divertita. Non voglio farvi un resoconto dettagliato di ciò che ho ascoltato, visto e vissuto, ma lasciarvi qualche impressione semiseria qua e là.



Cosa mi porto a casa da Identità Golose? Cominciamo dall'inizio.


Niko Romito: 


Lo confesso: fino a qualche mese fa, quando gli è stata attribuita la terza stella Michelin, avevo giusto sentito il suo nome, ma non sapevo che faccia avesse e quale fosse il suo ristorante. Ora so che è un uomo certamente non fascinoso come alcuni chef, sicuramente non estrosamente folle come altri, ma semplice. Una semplicità d'aspetto, di modo di porsi e probabilmente anche di concepire la sua cucina. Sul palco non ha cucinato, ma ha lasciato la parola alle immagini di un video meraviglioso. Quattro basi e tre piatti per ogni base. Immagini essenziali. Mani di cuochi, mani che si vede che lavorano. Mani e materia prima. Musica, pochi colori e qualche parola. Pura poesia. Sono tornata a casa e ho pulito i gamberi (mediterranei, ovvio) tenendo le teste. Certo, la sua maionese di teste di scampo non riuscirò a farla, ma un brodetto o una bisque...

Il bello


Anche l'occhio vuole la sua parte e se qualche anno fa, sulla scia di Masterchef, persino io mi sono sciolta davanti a Cracco che molto gentilmente mi porgeva il suo uovo marinato, per l'edizione 2014 di IG la palma del più bello la attribuisco a lui. Ad uno chef di cui ho capito ben poco, se non Tapioooca e Manioooca: Rodrigo Oliveira. Brasiliano, giovane, alto, bello al punto che anche la moglie di Paolo Marchi pare siano anni che chiede al marito una foto con lui.
Della sua lezione non so dirvi molto: come al solito mi sono dimenticata di prendere le cuffiette per la traduzione dal portoghese. Ma osservarlo mentre  indicava la croccantezza delle cialde di manioca  bastava e avanzava....



Noidisala


Lo ammetto: quando la mattina mi siedo in auditorium non mollo il posto neanche per andare al bagno. Il gran finale prima della pausa pranzo è di Bottura e non vorrei rischiare di perdere la postazione. Così ho affrontato anche ciò che al momento non sembrava interessarmi, ovvero l'intervento sull'importanza di sala e cantina. Ma il boss dei camerieri della Francescana, degno discepolo di Bottura, non ha potuto fare a meno di colpirmi anche per la sua verve. Quanto sono importanti i camerieri in un ristorante? Provate a pensare alle vostre esperienze... E per i giovani che si sappia: su 200 curricola di aspiranti chef che arrivano alla Francescana, se ne ricevono solo 5 di aspiranti camerieri.


Io chi sono? Bottura e le domande fondamentali dell'esistenza


Bottura è un genio. A volte è talmente esagerato che mi chiedo se si sia autentico o abbia costruito il personaggio con una attenta operazione di personal branding. Stargli dietro non è facile, non lo è per me che seguo il suo intervento, mi immagino per chi con lui lavora e vive. Però che parta dalla domanda "CHI SONO" per fare cucina e per fare impresa, beh, questo è fantastico. Così come la sua attenzione alla squadra e la condivisione del successo con la propria dolce metà.

Universo pizza 

La prima volta che sentii parlare Padoan fu a Golosaria di qualche anno fa. Mi colpì perchè ebbe la pazienza di raccontare anche ai non addetti ai lavori come lui concepisce la pizza. Rispose a domande di casalinghe con la stessa affabilità e gentilezza con la quale si è posto nella sua lezione a Identità Pizza. Sentirlo parlare dei suoi lieviti, sentirlo raccontare di quando uno (con il nome della figlia) cominciò a fare le bizze dopo l'arrivo di un nuovo lievito (di cui non ricordo il nome), mi ha fatto venire voglia di buttarmi nel mondo del lievito madre. E le sue pizze sono sempre uno spettacolo



La carbonara perfetta

Lezioni di alta cucina, ma non solo. Nello spazio Sale e Pepe era tutto un susseguirsi di show cooking. Non potevo perdermi quello sulla carbonara del  Pipero al Rex, il ristorante stellato dove questo piatto si mangia a peso (50-100-150 grammi e via) Il giovane e talentuoso chef, un personaggio uscito da un fumetto o da un film ambientato a Roma, ha raccontato con pochi passaggi e poche parole il segreto della sua carbonara, che si può racchiudere nella parola rispetto. Rispetto per la materia prima, per le dosi, per la cottura. Così ho imparato come sfrigolare i cubetti di guanciale e come creare una crema perfetta da tuorlo d'uovo, pecorino e grasso di guanciale. Tornando a casa, al telefono, racconto il tutto al marito, appassionato di carbonara. Ma c'è un problema. Le dosi secondo lo chef Monosilio sono di un tuorlo d'uovo ogni 50 grammi di pasta. In casa mia per quattro butto sempre almeno 500 g di spaghetti... fate voi le proporzioni!


Il pubblico

Girando per gli stand di IG, quelli dove timidamente guardi da spettatrice gli altri che bevono, ridono, chiacchierano e si abboffano, sono giunta a due conclusioni:

  • la Milano da bere non è mai morta, almeno come atteggiamento godereccio di chi può perchè è del giro giusto
  • così come per il fuorisalone, la MFW, la SMW e chi ha più sigle ed eventi li metta, il trend per gli ometti non è più definito dalle sciarpine di ogni materiale e foggia, quanto da capello anni '40 con ciuffone e occhiale grosso con montatura spessa. Se poi aggiungiamo basettone o, meglio ancora, barba, abbiamo fatto centro.
Se siete arrivati fino a qui vi faccio i complimenti: come al solito mi sono lasciata prendere la mano!!





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