SARDEGNA NEL CUORE

Sono giorni duri. Tutti abbiamo negli occhi di nuovo quei fiumi d'acqua, quel fango, quelle case con tutto ciò che prima era calore e affetto messo fuori accatastato come spazzatura, quelle strade spezzate che non vorremmo più vedere. Questa volta i luoghi che non riconosco più sono quelli tanto amati delle vacanze. La tanto sognata Sardegna, quella che ti immagini come la terra del sole e del vento, quella delle grigliate di pesce e pentoloni di malloreddus e salsiccia. Sardegna come luogo ideale dove il marito vorrebbe vivere, lui e il suo faro sul mare, un bicchiere di vermentino, chili e chili di cozze e bottarga, il profumo dell'eucalipo e il cielo stellato.

Ora accendi la televisione, vaghi su internet e ti viene il magone. Quelle terre invase da acqua e fango sono le stesse che coltivavano i piccoli contadini dai quali abbiamo sempre comprato frutta e verdura. Quelle vie diventate fiumi sono le vie strapiene di gente, di bancarelle, di maialetti arrosto e di profumi della fiera di Torpè. E pensi a quanto tempo ci vorrà perchè questa gente, dalla scorza dura ma genuinamente ospitale, possa ricominciare. Perchè se i paesi normalmente vanno in crisi d'acqua quando calano i turisti, come faranno ora? Perchè se per anni rimangono chiuse strade in attesa di essere sistemate ora quanto tempo ci vorrà per ricollegare i paesi?



E' strana la Sardegna, una terra che sa essere tanto incommensurabilmente bella e struggente quando dura. Una terra di bellezza e di obbrobri.
Un pensiero all'inferno di adesso, ma tanti ricordi che affiorano. Perchè la Sardegna l'abbiamo nel cuore, con tutti i pregi e i tanti difetti.
Per noi, per i nostri amici Sardegna non è solo mare cristallino.

E' una processione a mare e una festa con tenores, balli, pecore e capre in umido, dolci e vino per tutti, turisti compresi, come se si fosse una grande famiglia.
Sono le vongole di Orosei piene di sapore.
E' scoprire nuovi prodotti mai visti come la frue, sa pompia, la purpuzza.
Sono le pecore e le mucche che ti chiedi come facciano a produrre latte così saporito, vista la magrezza.
E' il Deus ti salvet Maria, cantata dalle anziane signore vestite di nero alla fine della messa in riva al mare.
E' questa lingua così musicale e così incomprensibile.
Sono le curve dell'Orientale sarda, dietro le quali ad un certo punto si apre la pineta e la distesa di mare. Sono gli stagni dove si specchia il tramonto.
E' la luna che brilla come non mai e che accompagna le nostre chiacchiere davanti a un mirto gelato, un filu e ferru e un vassoio di dolci.
E' miele, pecorino, salamino e agnello, marinato, ovviamente.
E' scoprire per caso una piccola bottega e assistere in diretta alla cottura del carasau nel forno a legna.
E' la casa che sogneresti e quella che non ti capaciti come possa essere abitata da quanto è precaria e sgarruppata.
E' il giovane produttore di vino che ho incontrato a Golosaria e che ti racconta con gli occhi che brillano il perchè del nome. (e subito ho pensato, essendo di Olbia, se è riuscito a tornare a casa)
Potrei andare avanti per ore e ore  e figli, marito e amici ne avrebbero da aggiungere.

Per ora mi auguro solo di riuscire a tornare al più presto proprio lì, dove il rio Posada ha fatto danni. Lì dove ormai tutto, grazie anche a un padrone di casa amorevole, ci fa sentire a casa. Nel frattempo cercherò di comprare più prodotti sardi possibili.
Vi lascio con queste foto. E' la spiaggia di Orvili. Mare selvaggio, un lembo di sabbia lungo chilometri, stagni e poi pineta.