Vacanze di Carnevale, quando tutta Italia inizia la Quaresima, a Milano si raggiunge il clou del Carnevale, con relativi giorni a casa da scuola.
Solitamente ne approfitto per passare qualche giorno in montagna. Sole, neve, cieli limpidi, sci, pasticceria. O anche freddo, scarponi gocciolanti, mettiti calzamaglia-calze-dolcevita-maglione-tuta-guanti-hai preso le mascherine?-e il sottocasco?.
E code agli impianti, al bar per i panini, al bagno dove si pattina con gli scarponi ai piedi, in pasticceria per accaparrarti l'ultimo krapfen che l'orario dello sforno è quasi terminato...
Gioie e dolori della montagna. Il marito vede solo i dolori e già ai tempi dell'università partiva con fiaschetta di grappa nel taschino della giacca, due piste e si chiudeva in rifugio con gli amici a consolarsi con polenta e capriolo.
Beh, quest'anno, non avrei avuto la compagnia (e l'aiuto) dei miei, il marito aveva il sabato lavorativo, inizialmente le previsioni non erano il massimo, ho deciso di rimandare i giorni in montagna a marzo, quando è un po' più caldo, che quest'inverno di freddo ne ho preso abbastanza.
Quindi week end tranquillo, senza impegni, salvo una partita di Giacomo in casa, senza amici del sabato sera, col marito a lavorare. E con un gran sole (uffa!) .
L'deale per fare un po' di pulizie in casa (col bel tempo lavoro meglio) e per dilettarsi in cucina. Il week end giusto per mettere mano alla ricetta per partecipare al contest di Paoletta e di Angela, manca poco e io sono sempre quella dell'ultimo minuto!
Era un po' che ci pensavo, mia suocera è pugliese, bastava attingere dalla sua esperienza.
Quando, da fidanzata, frequentavo la casa dei miei suoceri, mi capitava spesso di arrivare e sorprendere in cucina mia suocera in chiacchere con la sua vicina, una pugliese, l'altra emiliana. La chiacchera andava, ma le mani lavoravano: asse di legno sul tavolo e gesto automatici, che neanche avevano bisogno dell'attenzione degli occhi. Ne uscivano a volte orecchiette, altre cavatelli, altre fusilli al ferretto, altre ancora tagliatelle e tagliolini. Sono sempre rimasta affascinata da questo lavorare così naturale, chiacchere e cucina, mani che impastano e creano e condivisione.
Ora i miei suoceri hanno cambiato casa, ma i vicini sono rimasti gli stessi. Stesse chiacchere, magari mentre si fa una torta o si cucina il risotto, ma la pasta fresca, almeno per mia suocera, non si fa più, problemi alle mani non lo permettono, ora le orecchiette si comprano.
Ecco cosa avrei potuto preparare, una pasta fresca fatta con le mie mani e la mie inesperienza condita con qualche prodotto pugliese e lucano
Detto fatto, ma nel frattempo (io e la mia incapacità di organizzarmi!) i suoceri sono partiti... niente scuola di cucina!
Non mi sono arresa, uno sguardo in rete ed ecco i
CAVATELLINI AL GRANO ARSO* CON SUGO DI LUCANICA PICCANTE E RICOTTA SQUANDA**.
Per la pasta:
300 g semola
100 g farina di grano arso
acqua qb
per il sugo:
due cucchiai d'olio evo
un cipollotto
15 fette di lucanica piccante ( o più)
mezza bottiglia di salsa di pomodoro (pugliese)
una spruzzata di vino rosso
due cucchiaini di ricotta squanda
Setacciare in una ciotola le due farine, fare una fontana e versare l'acqua un po' per volta. Versare e mescolare, finchè non si ottenga un panetto uniforme di pasta elastica ma non molle.
Mettere a riposare in frigorifero per una mezz'ora. Successivamente suddividere la pasta in tante parti, arrotolarle su una spianatoia infarinata con la semola e formare dei serpentelli di un cm di spessore. Tagliarli in tanti cubetti di un cm. Prendere il cubetto, affondarvi e contemporaneamente strisciare il pollice con un movimento rapido da sinistra a destra. Porre la pasta su un vassoio e spolverizzarla con la semola, di modo che non si attacchi.
Mettere a bollire una pentola d'acqua, nel frattempo, soffriggere dolcemente olio e cipollotto tritato finemente. Tagliare le fette di salsiccia (3 mm di spessore) a pezzettini, unirle al soffritto, bagnare con una spruzzata di vino rosso e far evaporare, unire la passata di pomodoro, portare a bollore, abbassare la fiamma e far andare.
Quando l'acqua bolle, aggiungere sale e buttare i cavatelli (ho unito un cucchiaio di olio per evitare che si incollassero), attendere che salgano in superficie e cuocere ancora per 3 minuti (i miei sono venuti un po' grossi, quindi tempi sono relativi...), scolare, versare nella padella dove cuoce il sugo e rimescolare. Aggiungere un cucchiaino di ricotta squanda, rimenscolare nuovamente finchè la ricotta non si sia legata.
Come primo esperimento non è stato niente male, l'affumicato del grano arso era un pò coperto dai due sapori forti di salsiccia e ricotta, ma anche i bimbi hanno apprezzato. Ha accompagnato il piatto un rosato fresco come il Calafuria Rosato.
* un tempo, dopo la bruciatura delle sterpaglie in seguito alla raccolta del grano, venivano raccolte le spighe e con questo grano bruciato si ricavava una farina che spesso veniva barattata con quella bianca. Per saperne di più vi rimando qui
** la ricotta squanda o ricotta forte si ricava da ricotta di pecora conservata in recipienti di terracotta chiusi e rimescolata quotidianamente finchè non diventa leggermente acida. E' molto saporita e piccante, viene spesso utilizzata per farcire i panzerotti (che ne dici Paoletta?) e si conserva a lungo in frigo in barattoli di vetro, coperta da olio.
Solitamente ne approfitto per passare qualche giorno in montagna. Sole, neve, cieli limpidi, sci, pasticceria. O anche freddo, scarponi gocciolanti, mettiti calzamaglia-calze-dolcevita-maglione-tuta-guanti-hai preso le mascherine?-e il sottocasco?.
E code agli impianti, al bar per i panini, al bagno dove si pattina con gli scarponi ai piedi, in pasticceria per accaparrarti l'ultimo krapfen che l'orario dello sforno è quasi terminato...
Gioie e dolori della montagna. Il marito vede solo i dolori e già ai tempi dell'università partiva con fiaschetta di grappa nel taschino della giacca, due piste e si chiudeva in rifugio con gli amici a consolarsi con polenta e capriolo.
Beh, quest'anno, non avrei avuto la compagnia (e l'aiuto) dei miei, il marito aveva il sabato lavorativo, inizialmente le previsioni non erano il massimo, ho deciso di rimandare i giorni in montagna a marzo, quando è un po' più caldo, che quest'inverno di freddo ne ho preso abbastanza.
Quindi week end tranquillo, senza impegni, salvo una partita di Giacomo in casa, senza amici del sabato sera, col marito a lavorare. E con un gran sole (uffa!) .
L'deale per fare un po' di pulizie in casa (col bel tempo lavoro meglio) e per dilettarsi in cucina. Il week end giusto per mettere mano alla ricetta per partecipare al contest di Paoletta e di Angela, manca poco e io sono sempre quella dell'ultimo minuto!
Era un po' che ci pensavo, mia suocera è pugliese, bastava attingere dalla sua esperienza.
Quando, da fidanzata, frequentavo la casa dei miei suoceri, mi capitava spesso di arrivare e sorprendere in cucina mia suocera in chiacchere con la sua vicina, una pugliese, l'altra emiliana. La chiacchera andava, ma le mani lavoravano: asse di legno sul tavolo e gesto automatici, che neanche avevano bisogno dell'attenzione degli occhi. Ne uscivano a volte orecchiette, altre cavatelli, altre fusilli al ferretto, altre ancora tagliatelle e tagliolini. Sono sempre rimasta affascinata da questo lavorare così naturale, chiacchere e cucina, mani che impastano e creano e condivisione.
Ora i miei suoceri hanno cambiato casa, ma i vicini sono rimasti gli stessi. Stesse chiacchere, magari mentre si fa una torta o si cucina il risotto, ma la pasta fresca, almeno per mia suocera, non si fa più, problemi alle mani non lo permettono, ora le orecchiette si comprano.
Ecco cosa avrei potuto preparare, una pasta fresca fatta con le mie mani e la mie inesperienza condita con qualche prodotto pugliese e lucano
Detto fatto, ma nel frattempo (io e la mia incapacità di organizzarmi!) i suoceri sono partiti... niente scuola di cucina!
Non mi sono arresa, uno sguardo in rete ed ecco i
CAVATELLINI AL GRANO ARSO* CON SUGO DI LUCANICA PICCANTE E RICOTTA SQUANDA**.
Per la pasta:
300 g semola
100 g farina di grano arso
acqua qb
per il sugo:
due cucchiai d'olio evo
un cipollotto
15 fette di lucanica piccante ( o più)
mezza bottiglia di salsa di pomodoro (pugliese)
una spruzzata di vino rosso
due cucchiaini di ricotta squanda
Setacciare in una ciotola le due farine, fare una fontana e versare l'acqua un po' per volta. Versare e mescolare, finchè non si ottenga un panetto uniforme di pasta elastica ma non molle.
Mettere a riposare in frigorifero per una mezz'ora. Successivamente suddividere la pasta in tante parti, arrotolarle su una spianatoia infarinata con la semola e formare dei serpentelli di un cm di spessore. Tagliarli in tanti cubetti di un cm. Prendere il cubetto, affondarvi e contemporaneamente strisciare il pollice con un movimento rapido da sinistra a destra. Porre la pasta su un vassoio e spolverizzarla con la semola, di modo che non si attacchi.
Mettere a bollire una pentola d'acqua, nel frattempo, soffriggere dolcemente olio e cipollotto tritato finemente. Tagliare le fette di salsiccia (3 mm di spessore) a pezzettini, unirle al soffritto, bagnare con una spruzzata di vino rosso e far evaporare, unire la passata di pomodoro, portare a bollore, abbassare la fiamma e far andare.
Quando l'acqua bolle, aggiungere sale e buttare i cavatelli (ho unito un cucchiaio di olio per evitare che si incollassero), attendere che salgano in superficie e cuocere ancora per 3 minuti (i miei sono venuti un po' grossi, quindi tempi sono relativi...), scolare, versare nella padella dove cuoce il sugo e rimescolare. Aggiungere un cucchiaino di ricotta squanda, rimenscolare nuovamente finchè la ricotta non si sia legata.
Come primo esperimento non è stato niente male, l'affumicato del grano arso era un pò coperto dai due sapori forti di salsiccia e ricotta, ma anche i bimbi hanno apprezzato. Ha accompagnato il piatto un rosato fresco come il Calafuria Rosato.
* un tempo, dopo la bruciatura delle sterpaglie in seguito alla raccolta del grano, venivano raccolte le spighe e con questo grano bruciato si ricavava una farina che spesso veniva barattata con quella bianca. Per saperne di più vi rimando qui
** la ricotta squanda o ricotta forte si ricava da ricotta di pecora conservata in recipienti di terracotta chiusi e rimescolata quotidianamente finchè non diventa leggermente acida. E' molto saporita e piccante, viene spesso utilizzata per farcire i panzerotti (che ne dici Paoletta?) e si conserva a lungo in frigo in barattoli di vetro, coperta da olio.
Ma questa farina di grano arso me la dovrò procurare, prima o poi! Ne sento parlare, qua e là in giro per blog, già da un po': e se la trovo, magari metto in cantiere la tua ricetta. Brava!
RispondiEliminaA presto
Sabrine
Ciao Sabrine, io l'ho trovata nel negozio di generi pugliesi che c'è vicino a casa mia, se sei di Milano e dintorni ti mando l'indirizzo. Grazie e a presto!
RispondiEliminafanno venire fame anche a quest'ora!!!
RispondiEliminabaci
uno spettacolo, complimenti!!!
RispondiEliminac'è in giro la grano arso mania:DDDD e io divento pazza a trovare sta farina!
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