sabato 23 gennaio 2010

Freddo e raggi di sole

Giovedì mattina, è il giorno lungo dei bimbi a scuola. Mi metto al telefono. "Ciao, la mostra chiude il 31, che facciamo, andiamo?" "Fa freddo, provo a sentire se mia scuocera tiene il bimbo e ti richiamo".
Già, fa freddo, fuori è di quel solito grigio che invoglia solo a stare in casa. Ma quando l'amica richiama, visto che è libera, decidiamo che, sì, è un pò tardi, fa freddo, ma - dai- ce la possiamo fare. Macchina, metrò, mostra, un giretto rapido, metrò, macchina e possiamo riuscire ad essere di ritorno in tempo per l'uscita dei bimbi.
E' da un po' che ci diciamo che bisogna andare a vedere Hopper, la mostra sta per finire e noi non avevamo ancora trovato il giorno giusto per organizzarci.

Meglio così, arriviamo e non c'è nessuno alle casse. Giriamo per le sale prendendoci tutto il tempo necessario per leggere le didascalie, soffermarci davanti a olii, acquerelli e studi, per guardarci il video che in mezz'ora presenta in maniera completa e affascinante questo autore di cui conoscevo le opere più famose e poco altro.

La mostra mi è sembrata ben fatta, essenziale e chiara nel racconto della vita e dell'evoluzione pittorica di un uomo che fin dal primo autoritratto che ho incontrato mi è sembrato semplice e malinconico, attento e in attesa, americano del suo tempo e amante della cultura europea (Parigi e gli Illuministi).

Sono state quasi due ore di magia, quelle figure solitarie, fissate come una sequenza cinematografica in attesa della sequenza successiva, quegli scorci di tetti illuminati dal sole o quei paesaggi di Cape Cod, mix perfetto di riproduzione della realtà e sua rielabirazione mentale, ci hanno incantate.

E la sua affermazione "Tuttto quello che volevo fare era di dipingere la luce del sole su una casa" ti accompagna per tutte le sale, echeggia negli acquerelli e soprattutto negli olii e ti rendi conto che l'artista è proprio colui che osserva la realtà fin nei suoi particolari più apparentemente insignificanti e la sa rielaborare in modo tale da rendere quei particolari significativi e di impatto per tutti.

Siamo uscite nel cortile del Palazzo Reale, il freddo ci ha investite di nuovo. "Cappuccino?" Breve giro, un occhio rapido alle vetrine ed eccoci in una pasticceria in via Orefici, sedute al tavolo come due madame a sorseggiare cappuccino, assaporare un'ottimo croissant e commentare mostra e vita quotidiana.

Poi, incanto finito, di corsa al metrò. Macchina e scuola.
E' un po' presto, mi infilo in un supermercato a conduzione familiare (leggermente caro, ma molto ben fornito) vicino a scuola e trovo ad aspettarmi al banco dei formaggi una ricotta di pecora sarda appena arrivata.

La prendo, mi servirà sicuramente per la cena...


PS Per i milanesi che non l'hanno ancora vista, la mostra termina il 31 gennaio, poi sarà a Roma dal 16 febbraio al 13 giugno. Per informazioni vi segnalo il sito www.edwardhopper.it interessante anche per la sezione di Hopper e il suo tempo.

PPS C'è chi si è lamentato per la mancanza nell'esposizione di alcune delle opere più famose, è vero. Ma per chi, come me, non conosceva Hopper, è stata assolutamente esaustiva. Certo, mi sarebbe piaciuto vedere Nighthawks , ma la magia l'ho assaporata lo stesso!


2 commenti:

  1. a me piace molto e sono contenta che arriverà anche a Roma. E' così malinconicamente luminoso da incantare.
    e la ricotta che fine ha fatto??

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  2. @Alem: hai proprio ragione! E quando sono tornata a casa ho scoperto che anche Anna, mia figlia di 10 anni,ne aveva visto le opere più famose a scuola, nell'ora di inglese, lei non l'ha apprezzato molto, sarà che non ama neanche tanto la lingua...
    Per la ricotta... a casa nostra tutto finisce in una cofana di pastasciutta!

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